IL CRIMINE GIUSTO PER NON PASSARE DA CRIMINALI

Nella giornata di ieri 2 compagni del Collettivo Autorganizzato R60 di Reggio Emilia, solidali e complici del movimento No Tav, hanno ricevuto le notifiche dell’obbligo di dimora con divieto di uscita notturna.
Eppure, nell’apprendere che la cassazione ha rigettato l’istanza di revoca delle misure cautelari, non ne rimaniamo stupiti e nemmeno meravigliati.
La repressione e la denigrazione del dissenso o dell’attivismo politico e sindacale sono ormai così palesemente scontate che, semmai, ci saremmo sorpresi di un orientamento contrario dei giudici della corte, specie per quanto concerne tutto ciò che ha a che fare con la lotta No Tav, da sempre oggetto di un’infame campagna di criminalizzazione.
Da Reggio Emilia a Roma, passando per Bologna, tutti “i soci vitalizi del potere ammucchiati in discesa a difesa della loro autocelebrazione” si sono espressi valutando che il “potere”, in qualche modo, è stato offeso, oltraggiato, minacciato e violentato da alcune scritte in solidarietà al movimento No Tav apparse sui muri della città.
Per questo motivo, applicando alla lettera il codice rocco, i giudici hanno voluto giudicare i 2 compagni, ancor prima di ogni dibattimento processuale, come soggetti socialmente pericolosi in quanto appartenenti “a un movimento politico estremista” e per questo capaci di reiterare l’offesa, l’oltraggio, la minaccia e la violenza al “potere” e ai suoi soci tramite l’utilizzo di un’arma pericolosissima: una bomboletta di vernice spray!
È certo che la regia di tutto questo paradosso ha voluto dare un insegnamento esemplare su tutto ciò che è legale e ciò che invece non lo è, ma, come sempre, ha lasciato trasparire qual è invece quel “crimine giusto per non passare da criminali”.
Perché evidentemente è un “crimine giusto” il concedere ai soliti speculatori di devastare, saccheggiare e avvelenare per sempre ampie zone di territorio.
E un altro “crimine giusto” deve esserlo anche stringere le mani insanguinate della mafia se è vero che, anche se parziale, un’intesa con le cosche assassine comunque c’è stata.
D’altra parte il lupo perde il pelo e non il vizio, e allora, da molti anni a questa parte, ogni volta che si innesca una scintilla di conflitto in qualche angolo del pianeta, è consuetudine che il “crimine giusto” diventi la morte portata dalla macchina da guerra che, adornata con le effigi del tricolore, si arma per poi esplodere negli interventi militari camuffati da missioni di pace.
Se poi volessimo addentraci nelle tematiche del lavoro, ci basterebbe un attimo per capire che “crimini giusti” sono contemplati nel permettere che, sui luoghi di lavoro, ancora si continui a morire avvelenati, travolti, schiacciati, soffocati e ustionati o che si rimanga offesi a vita nel corpo e nell’animo.
E che dire dei “crimini giusti” insiti nel perseverare lo sfruttamento, il ricatto e l’oppressione? Addirittura questi sono sanciti da decreti e riforme che hanno ridotto il mondo del lavoro a un sfilza di contratti atipici e hanno alimentato le piaghe del precariato, della disoccupazione e del lavoro nero. E ogni volta che flessibilità e produttività sono diventate prioritarie per le logiche di profitto e di mercato, il “crimine giusto” si è consumato via via nel tempo derubando i lavoratori dei propri diritti.
Ma “crimini giusti” sono congeniti anche nell’acconsentire lezioni scolastiche in strutture fatiscenti, fredde e pericolose, nell’esproprio privatistico della cultura e dei saperi per garantirne l’accesso solo a una ristretta elite, nel depredare i giovani del proprio futuro, negli sfratti e negli sgomberi delle convivenze travolte dalla crisi finanziaria perpetrata da banche e padroni e dalle misure di austerity voluti dalla politica ad essi asservita.
E “crimine giusto” è anche la privazione delle libertà e dei diritti fondamentali dell’uomo per i detenuti nelle carceri e per i migranti rinchiusi nei CIE perché rei di essere senza documenti regolari.
Una vera e propria apoteosi di ipocrisia per il “potere” e i suoi soci che, nascosti dietro il velo flebile dell’antifascismo costituzionale, da un lato utilizzano la memoria per ripudiare i lager nazisti e dare lezioni di democrazia e dall’altro utilizzano le strutture di detenzione, di identificazione e espulsione per affossare la stessa memoria e la stessa democrazia.
Le bombolette di vernice spray non devastano, non saccheggiano, non sparano, non sganciano bombe, non lanciano fiamme, non sfruttano, non opprimono, non ricattano, non mettono a rischio la vita di lavoratori e studenti, non affamano intere fasce di popolazione, non sfrattano ne sgomberano, non rinchiudono gli individui nei lager chiamati galere o centri di identificazione e espulsione e non rubano i diritti e le libertà altrui.
Semmai le bombolette a vernice spray colorano le città di arte, di idee, di racconti, di parole, di opinioni che a volte hanno il senso della rabbia, quella rabbia per la reiterazione continuata e aggravata di quei “crimini giusti” di cui il “potere” e i suoi soci sono gli unici responsabili.
Nel loro arrogarsi prepotentemente il diritto di decidere cosa sia legittimo, continuino pure ad usare il loro codice penale fascista per pedinarci, intercettarci, perquisirci, incriminarci, denunciarci, processarci e condannarci!
Noi continueremo a “restare umani” e non saremo mai complici e mai partecipi del loro sistema fatto di sfruttamento, ingiustizie e disuguaglianze. Saremo sempre da questa parte della barricata a opporci e a lottare contro i loro “crimini giusti” utilizzando il nostro codice di solidarietà, uguaglianza e giustizia sociale.
Il nostro abbraccio va a tutti/e i/le compagn@ attivi nella lotta No Tav e a tutti/e coloro che sono colpiti e reclusi, in qualunque modo, dai “soci vitalizi del potere” per le loro idee e il loro attivismo politico nelle piazze, nel lavoro, nelle università o nelle scuole.
Liber@ tutt@!

Collettivo AutOrganizzato R60
Via Berta 4/c – Reggio Emilia
r60@inventati.org
FB:Collettivo R60

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