LA GIORNATA DELLE FOIBE A REGGIO EMILIA

Anche quest’anno per la giornata del ricordo abbiamo assistito ad una manifestazione portata avanti da destra ed estrema destra che, strumentalizzando e falsificando le vicende storiche in merito all’occupazione italiana del territorio jugoslavo, tenta di portare avanti un discorso meramente riduttivo.
Di fatto quella che è stata raccontata in piazza sabato (09/02) è solo una mezza verità. Dietro alle vittime italiane commemorate sta, storicamente, una vicenda ben più complessa, che parte dall’invasione italiana di quei territori. Invasione che, nella strategia espansionistica fascista, ha portato con se italianizzazione forzata, discriminazione, repressione e massacri. Quello che gli italiani hanno subito è la conseguenza di anni di oppressione colonialista ed imperialista da loro stessi imposta alle popolazioni dei territori jugoslavi.
Sabato in piazza è stato più che mai evidente il riduzionismo storico che parla di martiri ma tralascia le responsabilità politiche e morali del ventennio fascista.
Dietro al vessillo dell’italianità le destre reggiane, trovando legittimazione istituzionale, portano avanti una strategia di riabilitazione del nazifascismo ed oltraggiano la Resistenza.
Strategia tacitamente sostenuta dai poteri forti di questa città (In piazza, tra saluti romani e motti fascisti gridati a gran voce, erano presenti anche esponenti del Partito Democratico, come riportato dalla Gazzetta di Reggio domenica 10 febbraio http://gazzettadireggio.gelocal.it/cronaca/2013/02/10/news/fiaccolata-per-i-martiri-delle-foibe-1.6513755), consci del fatto che nazionalismi e fascismi sono funzionali al mantenimento dell’attuale ordine economico-politico.
Oggi come ieri è evidente che, quando il meccanismo dell’economia di mercato si inceppa, il potere ha bisogno di rispolverare vecchi strumenti come fascismo e repressione. Infatti, mentre i nuovi fascisti sfilano indisturbati, i movimenti antifascisti, considerati problema di ordine pubblico, vengono duramente colpiti e gli viene negato l’accesso alle piazze.
Questioni di ordine politico sono ridotte a questione di ordine pubblico.

La verità va detta per intero!
NESSUNO SPAZIO AI FASCISTI!

Collettivo AutOrganizzato R60
Via Berta 4/c – Reggio Emilia
r60@inventati.org

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IL CRIMINE GIUSTO PER NON PASSARE DA CRIMINALI

Nella giornata di ieri 2 compagni del Collettivo Autorganizzato R60 di Reggio Emilia, solidali e complici del movimento No Tav, hanno ricevuto le notifiche dell’obbligo di dimora con divieto di uscita notturna.
Eppure, nell’apprendere che la cassazione ha rigettato l’istanza di revoca delle misure cautelari, non ne rimaniamo stupiti e nemmeno meravigliati.
La repressione e la denigrazione del dissenso o dell’attivismo politico e sindacale sono ormai così palesemente scontate che, semmai, ci saremmo sorpresi di un orientamento contrario dei giudici della corte, specie per quanto concerne tutto ciò che ha a che fare con la lotta No Tav, da sempre oggetto di un’infame campagna di criminalizzazione.
Da Reggio Emilia a Roma, passando per Bologna, tutti “i soci vitalizi del potere ammucchiati in discesa a difesa della loro autocelebrazione” si sono espressi valutando che il “potere”, in qualche modo, è stato offeso, oltraggiato, minacciato e violentato da alcune scritte in solidarietà al movimento No Tav apparse sui muri della città.
Per questo motivo, applicando alla lettera il codice rocco, i giudici hanno voluto giudicare i 2 compagni, ancor prima di ogni dibattimento processuale, come soggetti socialmente pericolosi in quanto appartenenti “a un movimento politico estremista” e per questo capaci di reiterare l’offesa, l’oltraggio, la minaccia e la violenza al “potere” e ai suoi soci tramite l’utilizzo di un’arma pericolosissima: una bomboletta di vernice spray!
È certo che la regia di tutto questo paradosso ha voluto dare un insegnamento esemplare su tutto ciò che è legale e ciò che invece non lo è, ma, come sempre, ha lasciato trasparire qual è invece quel “crimine giusto per non passare da criminali”.
Perché evidentemente è un “crimine giusto” il concedere ai soliti speculatori di devastare, saccheggiare e avvelenare per sempre ampie zone di territorio.
E un altro “crimine giusto” deve esserlo anche stringere le mani insanguinate della mafia se è vero che, anche se parziale, un’intesa con le cosche assassine comunque c’è stata.
D’altra parte il lupo perde il pelo e non il vizio, e allora, da molti anni a questa parte, ogni volta che si innesca una scintilla di conflitto in qualche angolo del pianeta, è consuetudine che il “crimine giusto” diventi la morte portata dalla macchina da guerra che, adornata con le effigi del tricolore, si arma per poi esplodere negli interventi militari camuffati da missioni di pace.
Se poi volessimo addentraci nelle tematiche del lavoro, ci basterebbe un attimo per capire che “crimini giusti” sono contemplati nel permettere che, sui luoghi di lavoro, ancora si continui a morire avvelenati, travolti, schiacciati, soffocati e ustionati o che si rimanga offesi a vita nel corpo e nell’animo.
E che dire dei “crimini giusti” insiti nel perseverare lo sfruttamento, il ricatto e l’oppressione? Addirittura questi sono sanciti da decreti e riforme che hanno ridotto il mondo del lavoro a un sfilza di contratti atipici e hanno alimentato le piaghe del precariato, della disoccupazione e del lavoro nero. E ogni volta che flessibilità e produttività sono diventate prioritarie per le logiche di profitto e di mercato, il “crimine giusto” si è consumato via via nel tempo derubando i lavoratori dei propri diritti.
Ma “crimini giusti” sono congeniti anche nell’acconsentire lezioni scolastiche in strutture fatiscenti, fredde e pericolose, nell’esproprio privatistico della cultura e dei saperi per garantirne l’accesso solo a una ristretta elite, nel depredare i giovani del proprio futuro, negli sfratti e negli sgomberi delle convivenze travolte dalla crisi finanziaria perpetrata da banche e padroni e dalle misure di austerity voluti dalla politica ad essi asservita.
E “crimine giusto” è anche la privazione delle libertà e dei diritti fondamentali dell’uomo per i detenuti nelle carceri e per i migranti rinchiusi nei CIE perché rei di essere senza documenti regolari.
Una vera e propria apoteosi di ipocrisia per il “potere” e i suoi soci che, nascosti dietro il velo flebile dell’antifascismo costituzionale, da un lato utilizzano la memoria per ripudiare i lager nazisti e dare lezioni di democrazia e dall’altro utilizzano le strutture di detenzione, di identificazione e espulsione per affossare la stessa memoria e la stessa democrazia.
Le bombolette di vernice spray non devastano, non saccheggiano, non sparano, non sganciano bombe, non lanciano fiamme, non sfruttano, non opprimono, non ricattano, non mettono a rischio la vita di lavoratori e studenti, non affamano intere fasce di popolazione, non sfrattano ne sgomberano, non rinchiudono gli individui nei lager chiamati galere o centri di identificazione e espulsione e non rubano i diritti e le libertà altrui.
Semmai le bombolette a vernice spray colorano le città di arte, di idee, di racconti, di parole, di opinioni che a volte hanno il senso della rabbia, quella rabbia per la reiterazione continuata e aggravata di quei “crimini giusti” di cui il “potere” e i suoi soci sono gli unici responsabili.
Nel loro arrogarsi prepotentemente il diritto di decidere cosa sia legittimo, continuino pure ad usare il loro codice penale fascista per pedinarci, intercettarci, perquisirci, incriminarci, denunciarci, processarci e condannarci!
Noi continueremo a “restare umani” e non saremo mai complici e mai partecipi del loro sistema fatto di sfruttamento, ingiustizie e disuguaglianze. Saremo sempre da questa parte della barricata a opporci e a lottare contro i loro “crimini giusti” utilizzando il nostro codice di solidarietà, uguaglianza e giustizia sociale.
Il nostro abbraccio va a tutti/e i/le compagn@ attivi nella lotta No Tav e a tutti/e coloro che sono colpiti e reclusi, in qualunque modo, dai “soci vitalizi del potere” per le loro idee e il loro attivismo politico nelle piazze, nel lavoro, nelle università o nelle scuole.
Liber@ tutt@!

Collettivo AutOrganizzato R60
Via Berta 4/c – Reggio Emilia
r60@inventati.org
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Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire…

Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire e peggior cieco di chi non vuole vedere!

Questo antico proverbio, frutto di una consolidata saggezza popolare, è quanto mai azzeccatissimo nel descrivere la Reggio Emilia di questi giorni e di questi anni, giacché peggiore della sordità o della cecità fisica vi è soltanto quella culturale e sociale dell’arretrato sistema clerico-partitico cittadino o della pochezza intellettuale di certa informazione.

Sono aspetti così largamente diffusi in città che non ci meraviglia né ci coglie di sorpresa il becero pregiudizio e lo sciacallaggio politico generato intorno alla morte e ai funerali di Prospero Gallinari. È tutto frutto di una strategia ben precisa che il binomio politica-informazione pone in essere per distogliere l’attenzione della collettività dai reali problemi cittadini.

Sbattere il mostro in prima pagina per coprire il marcio! È questa la parola d’ordine che riecheggia nelle comunicazioni tra la classe politica e i gestori delle notizie.

E di marcio reggiano ce n’è in abbondanza a partire proprio dall’ennesima magagna di una cooperativa “rossa” nel grandissimo affare TAV o della multi utility sponsorizzata dalla governance locale, senza scordare il saccheggio di suolo effetto di una devastante e selvaggia cementificazione al servizio delle mafie già compiuta negli ultimi anni e che si vuole perseverare negli anni a venire.

Ma al di là dell’aspetto territoriale, il marcio che si vuole celare è soprattutto quello legato all’attuale situazione sociale sempre più travolta dalla crisi finanziaria e dalle misure di austerity, generate e reiterate dall’oligarchia di banche e padroni col benestare delle strutture politiche ad essi asserviti, e sempre più avvolta dall’estremizzazione dell’emergenza abitativa e di quella lavorativa.

Sfratti, insolvenze, cassintegrazione, disoccupazione e precarietà hanno raggiunto numeri da record in città e in provincia. Ma evidentemente politica e informazione sono alquanto distratte se di fronte a queste emergenze preferiscono, ad esempio, concentrare l’attenzione sociopolitica sulla prossima inaugurazione della stazione medio padana, vera e propria cattedrale nel deserto, o alla annuale mistificazione della festa del tricolore con tanto di presenza di premier e ministri responsabili delle misure che stanno affamando fasce sempre più ampie di popolazione e di una straordinaria campagna di repressione ai danni di chi dissente dalla Val di Susa a Niscemi, dalle fabbriche alle università, dai CIE alle carceri, dalle scuole alle strade e le piazze di ogni città.

Per altro c’è da chiedersi se sia o meno frutto della stessa distrazione il fatto che SETA, abilissima nel ricattare i lavoratori della SOGEA e di cui una parte della maggioranza azionaria è posseduta dagli enti pubblici di Reggio Emilia, faccia girare i suoi mezzi sponsorizzando una nota accozzaglia fascista.

Come Collettivo Autorganizzato R60 riteniamo oltremodo squallido lo sciacallaggio politico e mediatico costruito intorno alla storia e alla morte di un uomo che si è assunto la responsabilità delle proprie scelte siano esse condivisibili o meno.

Gridare allo scandalo per i pugni al cielo, le bandiere rosse e il canto dell’Internazionale o etichettare come nostalgici terroristi quanti hanno voluto partecipare all’ultimo saluto del “contadino nella metropoli” è la mossa di una ripugnante regia politica nel tentativo di nascondere le proprie colpe, mentre imperversa la campagna elettorale e mentre il paese si prepara ad un altro anno di guerra in Afghanistan e ad una nuova missione armata in Mali.

La nostra solidarietà a Davide Mattioli, al Laboratorio Sociale Aq16, ad Alberto Ferrigno, a Claudio Grassi, al movimento No Tav e a tutt@ i/le compagn@ attaccati dalla bassezza dialettica e dalla mediocrità culturale della politica e dell’informazione.

Collettivo AutOrganizzato R60
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MEMORIE SCOMODE

“Difendere la razza è un libro nasce da una ricerca sulla genealogia della mentalità razzista in Italia; un lavoro di tessitura fra la storia dell’impresa coloniale nel Corno d’Africa, i dispositivi dell’immaginario di conquista, le biopolitiche di Mussolini nell’Impero e in territorio nazionale.
L’originalità di questa ricerca consiste nell’evidenziare, anche da un prospettiva di genere, il convergere di diversi piani e codici comunicativi, così come di diverse discipline e saperi, nella costruzione della “razza italiana”.
Oggi e vecchi e sperimentati dispositivi razzisti e de-umanizzanti formatisi in quegli anni si stanno riattivando sulle pelle di donne e uomini migranti e molte parole, proprie dell’ideologia di quell’epoca, si ripresentano nel linguaggio quotidiano, così come torna a riaffacciarsi sempre iù prepotentemente una concezione della donna e della famiglia di stampo clerico-fascista. L’auspicio è che questo lavoro possa essere non solo un contribuoto al contrastato e faticoso evolversi degli studi coloniali, ma anche uno strumento critico per conoscere questa parte della storia italiana e prevenire la ricaduta nell’orrore della barbarie fascista.”

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CONTRO LA REPRESSIONE COSTRUIAMO SOLIDARIETA’!

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CEMENTIFICAZIONE

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INTERNATIONAL STUDENTS DAY

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AUSTERITY: LACRIME E SANGUE PER STUDENTI E LAVORATORI,VACCHE GRASSE PER FINANZA,VATICANO E PADRONI

La crisi economica del sistema capitalista fa precipitare, giorno dopo giorno, in un clima di
sofferenze e patimenti milioni di lavoratori, studenti, disoccupati e
pensionati. Le politiche di austerity, attuate dal governo Monti con il
benestare di Vaticano, banchieri e industriali, è il frutto di un
sistema imperialista economico finanziario che, manovrando i fili della
politica nell’adozione delle misure lacrime e sangue, trascina nel
baratro fasce sempre più ampie di popolazione e che fa gravare su
queste il peso e la responsabilità della crisi.

Il governo Monti,
mascherato da democratico e conciliatore sui media, mostra la sua vera
faccia di fronte alle proteste di chi rivendica un lavoro, sicurezza
economica, una casa e un futuro, rispondendo con manganellate, arresti
e denunce come nel caso dei lavoratori dell’Ikea di Piacenza.
Il governo Monti fomenta la guerra tra poveri alimentando razzismo,
xenofobia e discriminazioni nonché sdoganando formazioni neofasciste.
Il governo Monti privatizza beni comuni, mercifica saperi e conoscenza,
porta taglia alla sanità, ai trasporti e all’istruzione, ma mantiene
viva l’economia di guerra con le false missioni di pace all’estero e la
militarizzazione delle città.
Il governo Monti favorisce i privilegi egli interessi dei grandi gruppi della finanza, del clero, dell’esercito e del padronato a discapito dei bisogni e delle necessità dei
lavoratori, dei precari, dei disoccupati, degli studenti e dei
pensionati.

L’alternativa praticabile sta nel ritrovare una coscienza
ed un’unità di classe per autorganizzarsi e coordinarsi nelle lotte,
recuperando il principio della solidarietà, della cooperazione e del
mutuo appoggio. Diffondendo il concetto di riappropriazione e
socializzazione delle risorse, della produzione e della distribuzione
di beni e servizi.

Ci troviamo tutti i martedì dalle ore 21.30

Spazio Autorganizzato R60 Via Berta 4/C Reggio Emilia.
r60@inventati.org
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NO FUTURE

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IL PROGETTO “BUS QUALITA’ ” DI SETA E’ UNA CAGATA PAZZESCA!

A Reggio Emilia uno studente, un lavoratore, un disoccupato o un pensionato che non dispone di un mezzo proprio (o delle risorse economiche necessarie per mantenerlo), la prima cosa di cui ha bisogno per raggiungere il proprio luogo di studio, la sede di lavoro, il sito di un colloquio per trovare un lavoro o, comunque, per andare in qualunque altro posto egli desideri, è il mezzo pubblico.
Se non
può raggiungere questi posti a piedi o in bicicletta dovrà per forza prendere un bus, una corriera o un treno e, in ogni caso, dovrà valutare quanto costa il biglietto, quanto tempo dovrà aspettare alla fermata (e magari l’autobus non passa!), quanto ne impiegherà per raggiungere la meta e in quali condizioni dovrà viaggiare.
Perché tutto questo? Semplicemente perché la garanzia alla mobilità da diritto è diventata merce, gentilmente offerta dalle governances locali agli sfruttatori e agli speculatori dei bisogni, secondo il più classico dei principi alla base delle politiche di privatizzazione e liberalizzazione: profitti privati a spese della collettività, in un sistema economico in cui il diritto a spostarsi gratuitamente e agevolmente vale più per i capitali finanziari che per le persone.
Per anni, da destra a sinistra, ci hanno raccontato che pubblico significava inefficiente e che privato era sinonimo di miglioramento del servizio e abbassamento dei costi per via della “magica concorrenza e competitività”. Invece il risultato è stato disastroso perché mentre da un lato crescevano i costi dei biglietti di treni e autobus, dall’altro diminuiva la qualità e la quantità del servizio offerto ai pendolari, contemporaneamente all’aumento della precarietà o dei licenziamenti dei lavoratori di questo settore.
Oggi nonostante il numero di disoccupati nell’area di Reggio Emilia sia arrivato a quota 28.000, nonostante vi sia un consistente aumento di lavoratori in cassintegrazione e mobilità, nonostante gli attacchi ai lavoratori e agli studenti a colpi di sfruttamento, austerity e rincari, l’azienda di trasporti SETA non riesce a fare altro che esasperare il controllo del titolo di viaggio sui propri autobus.
Infatti essa ha esternalizzato il servizio alla consorziata Holacheck srl, dando così piena forma a quella meschinità tipica dell’arroganza delle lobby padronali e del profitto proprio contro le fasce più deboli della collettività, cioè quelle che maggiormente utilizzano il trasporto pubblico.
Inoltre, speculando mediaticamente sulla tragedia della disoccupazione, SETA e Holacheck rilanciano il cosiddetto progetto “bus qualità” annunciando l’assunzione (a tempo determinato) di 12 nuovi verificatori di titoli di viaggio tutti under 30 (già noti come baby controllori casual!)… davvero un gran bel paradosso se si considerano la drammatica lotta che da mesi stanno portando avanti gli autisti SOGEA o le annunciate azioni di riduzione del personale di SETA proprio nel bacino di Reggio Emilia.
Evidentemente la qualità che hanno in mente al cda della Società Emiliana Trasporti Autoferrotranvieri è solo quella di fare cassa!
Tutto ciò accade mentre la politica istituzionale reggiana, dopo aver enfatizzato quella inutile e costosissima cattedrale nel deserto chiamata stazione medio padana, si sta ancora interrogando sulla necessità di portare avanti la realizzazione dell’inutile, pericoloso, dannoso e devastante parcheggio interrato in Piazza della Vittoria al servizio del solo interesse privato.
In tema di mobilità ribadiamo che Reggio Emilia non ha bisogno di parcheggi interrati e aggiungiamo che Reggio Emilia non ha bisogno di baby controllori sigli autobus. Reggio Emilia ha, invece, bisogno del potenziamento e dell’ottimizzazione del trasporto pubblico locale e che sia gratuito per quanti lo utilizzano per recarsi nei luoghi di lavoro, per gli studenti, per i disoccupati, per i lavoratori in cassa integrazione o in mobilità.
Che a pagare crisi e servizi siano le lobby bancarie, politiche e padronali!

Collettivo AutOrganizzato R60
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