Il reale cancro del pianeta, ovvero il capitalismo, che sia esso industriale, finanziario o cognitivo, si sta ristrutturando e rimodellando in senso neoliberista allo scopo di estendere la propria egemonia su ogni aspetto della nostra esistenza.
Il reale cancro del pianeta, ovvero il capitalismo, che sia esso industriale, finanziario o cognitivo, si sta ristrutturando e rimodellando in senso neoliberista allo scopo di estendere la propria egemonia su ogni aspetto della nostra esistenza.
Ancora una volta la città di Roma è stata aggredita dalla mano autoritaria e brutale di una politica capace solo di indossare caschi e divise e, con i manganelli, di difendere gli interessi di tutte le ingorde strutture di potere economico, finanziario e politico.
Le trasformazioni liberiste che il capitalismo sta violentemente attuando sulla società trovano terreno fertile negli interventi riformisti e legiferatori di una politica sempre più marionetta della classe padronale. Se da un lato le riforme del mercato del lavoro, attraverso la flessibilità, la precarietà e la distruzione dei diritti, lasciano ampi margini per l’accrescimento dello sfruttamento, del ricatto e dell’oppressione, già tremendamente amplificati in una società dominata dalla privatizzazione e dalla mercificazione dei bisogni e dell’esistenza, dall’altro la legislazione tende sistematicamente a legittimare sempre più una maggiore repressione del dissenso attraverso l’uso di misure fasciste come il divieto di manifestare, il DASPO, il carcere preventivo, le perquisizioni, il controllo, gli sgomberi e le intimidazioni.
Tutti gli apparati di dominio economico, finanziario e politico hanno trovato uniformità di espressione nel ripudiare gli scontri del 15 ottobre a Roma chiedendo a gran voce un intervento massiccio e repressivo che ingabbiasse e soffocasse la volontà di lotta e di autodeterminazione da parte di chi non vuole più essere sfruttato, non vuole più essere oppresso, non vuole più essere flessibile, non vuole più essere precario, non vuole più essere ricattato e non vuole più essere privatisticamente espropriato dei beni comuni e dei bisogni più naturali legati all’esistenza.
La vera violenza è il ricatto subito ogni giorno da tutti i lavoratori costretti ad adattarsi alla necessità di affittare alla classe padronale il proprio lavoro fisico o cognitivo sottoforma di schiavitù salariata; la vera violenza è di coloro che divulgano l’idea che sia meglio avere un lavoro precario o flessibile piuttosto che non averlo, legittimando di fatto tutte le speculazioni di sfruttatori e oppressori ai danni delle condizioni lavorative; la vera violenza è di coloro che permettono ad industriali ed imprenditori di mettere le loro avide mani sui saperi e la conoscenza attraverso le riforme liberiste in materia di istruzione ed università; la vera violenza è di coloro che legalizzano la mercificazione delle risorse e dei beni comuni non rivali e non escludibili; la vera violenza è di coloro che devastano e saccheggiano il territorio, l’ambiente e la natura per trarne uno squallido profitto; la vera violenza è rappresentata dalle fruttuose rendite estorte ai cittadini speculando sui loro bisogni vitali come la casa, la salute, l’acqua etc.; la vera violenza risiede nelle leggi razziste sull’immigrazione create ad hoc perché la classe padronale potesse attuare meglio le forme di sfruttamento della forza lavoro, contestualmente al reato di clandestinità, nonché l’arma del ricatto per tutti i lavoratori; la vera violenza è di chi, in nome di una stranissima pace a garanzia del capitale, pone in essere azioni di guerra in ogni parte del pianeta; la vera violenza è chi specula sulle paure e le incertezze inventandosi la nascita di formazioni armate attorno ai movimenti e allontanando l’attenzione delle persone dalle lotte; la vera violenza è la subdola connivenza di stampo capitalista tra politica, economia e finanza finalizzata all’accumulo, sempre più meschino, di ricchezza di pochi con il conseguente impoverimento di fasce sempre più ampie della popolazione.
Il cancro del pianeta, ovvero il capitalismo, che sia esso industriale, finanziario o cognitivo, non è in crisi come vogliono farci credere, ma si sta rimodellando e ristrutturando nel tentativo di estendere la sua capacità di potere su ogni aspetto della nostra esistenza.
La crisi economica e finanziaria è tale solo per chi la subisce, ma per chi la dirige, ovvero l’insieme di tutti gli organismi di dominio economico, finanziario e politico, è solo una ghiotta occasione per avviare ed ottimizzare una ulteriore fase di egemonia e di controllo assoluto sulle nostre vite.
Tutte le forme di violenza che il capitalismo mette in atto ogni giorno non possono fermare ne intimidire l’attività di lotta finalizzata alla costruzione dal basso di un mondo differente.
Ribadiamo pertanto la nostra solidarietà ed il nostro appoggio a tutti gli studenti in lotta e ne supportiamo il coraggio, l’entusiasmo e la volontà di riappropriazione del loro futuro.
La crisi economica ventilata dai padroni e dai loro apparati di potere economico, finanziario e politico, non è altro che una ristrutturazione sistematica e mondiale dell’intero sistema capitalista finalizzata ad ottimizzare lo sfruttamento e l’oppressione nel gestire il ciclo produzione-profitto .Per garantire sicurezza ai capitali il potere tramite i propri organismi legislativi pone un vero e proprio attacco all’esistenza dei lavoratori, studenti e cittadini.
Emarginazione, ricattabilità, guerra, precarietà e repressione sono la condizioni imposte da tutto l’insieme delle strutture funzionali al capitalismo. Infatti tutte le operazioni poste in essere dagli stati si manifestano nel salvataggio delle aziende e delle banche attraverso interventi che gravano solo ed esclusivamente sulle popolazioni e causano cancellazione dei diritti, privatizzazione dei beni comuni, precarizzazione della vita, guerre preventive e permanenti ed impoverimento di fasce sempre più ampie di popolazione.
A fronte degli attacchi violenti attuati dalla classe padronale, il Collettivo AutOrganizzato R60 di Reggio Emilia ribadisce la necessità di costruire percorsi di unità tra oppressi, sfruttati, lavoratori, studenti e cittadini, nonché di lotta di classe dal basso per la riappropriazione dei bisogni negati. Tra questi il bisogno casa e di spazi sociali rappresenta una delle emergenze primarie figlie di uno scellerato connubio tra le astratte politiche abitative e di privatizzazione attuate dagli apparati burocratici istituzionali e l’aggressione selvaggia e speculativa del cemento e delle grandi opere ai danni del territorio mossa dal fronte padronale.
A Reggio Emilia viene emesso uno sfratto ogni 295 famiglie e le richieste di esecuzione sono in costante aumento, per non parlare poi dei mutui insolventi e dei pignoramenti che in 2 anni sono aumentati di oltre il 25%. Vittime di questi soprusi sono cassintegrati, disoccupati, lavoratori precari, lavoratori sotto pagati, migranti, giovani studenti o impiegati in lavori flessibili con redditi da fame e tutti gli individui che il sistema rende socialmente deboli su cui ricadono tutte le conseguenze dell’essenza nefasta del capitalismo. Nella città in cui si continua ad edificare e a cementificare, sebbene vi siano più di 7000 case vuote, l’impossibilità di sborsare affitti maledettamente onerosi e l’inammissibilità ai mutui deliberati dagli istituti di credito contestualmente alle condizioni contrattuali e salariali, spingono tanti a dormire in strada, in auto o in strutture di fortuna.
La classe padronale alleata ai fascisti di tutti i millenni ha squallidamente individuato nell’immigrazione un capro espiatorio su cui fare ricadere tutte le cause dell’emergenza abitativa, ma si tratta solo di un diversivo di carattere discriminatorio e razzista finalizzato a nascondere le responsabilità dell’intera opera di speculazione edilizia e territoriale perseverata in nome del profitto.
La casa ed il territorio non possono e non devono essere un mercato sottomesso alle logiche del profitto. Le risposte politiche sono oggi insufficienti e contrarie alla promozione del diritto alla casa e alla città come diritto inalienabile dell’uomo. Pertanto il Collettivo AutOrganizzato R60 vuole ribadire con forza il diritto all’abitabilità supportando le pratiche di lotta per la casa dal basso come riappropriazione necessaria di un bisogno primario di tutti/e senza distinzioni sociali, di razza e sesso.
COLLETTIVO AUTORGANIZZATO R60
collettivor60.noblogs.org
r60@inventati.org
Nell’esprimere la propria solidarietà e benvenuto ai migranti di Lampedusa e nel supportare ogni manifestazione di stampo antirazzista, il Collettivo Autorganizzato R60 di Reggio Emilia vuole ribadire l’importanza di unire ogni forma di lotta contro la discriminazione razziale nell’ambito della lotta al capitalismo e al potere.
Ogni fenomeno di matrice xenofoba rappresenta soltanto uno dei tanti mezzi che utilizza la classe dominante per dividere gli oppressi e gli sfruttati e per distogliere l’attenzione dai reali problemi della società.Da sempre, specialmente nei periodi di crisi economica, oppressori e sfruttatori si adoperano in una propaganda subdola e ben mascherata finalizzata a creare un capro espiatorio, un nemico sul quale far ricadere le paure e la rabbia sociale di cui loro stessi ne sono i responsabili.L’attivazione di politiche securitarie , la richiesta della chiusura delle frontiere, il richiamo sempre più forte al patriottismo e all’identità nazionale, l’attacco alle diversità sono solo le cause di un conflitto fratricida tra oppressi che attualmente si consuma e garantisce il dominio all’attuale sistema.I mezzi di informazione della classe dominante, mirano ad occultare le reali cause dell’immigrazione facendola apparire come un conflitto sociale e razziale . In realtà all’occhio attento non possono sfuggire le vere motivazioni che spingono migliaia di persone a fuggire dalla propria terra, dai propri affetti, dalla propria cultura e dalle proprie usanze verso l’Italia o altri paesi europei trovandosi poi considerati come manodopera facilmente ricattabile perché schiacciati da una clandestinità prodotta da leggi razziste emanate nell’interesse dei padroni .Le situazioni esistenti nei loro paesi d’origine quindi non sono altro che il risultato di uno sfruttamento globalizzato.Il capitalismo internazionale specula sulle loro terre, sulle loro risorse e sul loro popolo sostenendo guerre, appoggiando dittatori sanguinari o peggio invadendo e bombardando i loro paesi in nome del profitto e del mantenimento di un sistema mondiale fondato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. La misura è colma! È ora di reagire insieme contro le strategie della classe dominante degli oppressori e sfruttatori. È ora di incriminare e di schiacciare il dominio e la logica del profitto in cui l’uomo è visto solamente come consumatore e forza lavoro da svendere e sfruttare.
E’ ora di estendere le libertà,la solidarietà,il mutuo appoggio per un unità tra gli oppressi che getti le basi di una società di liberi e uguali,di una democrazia diretta dal basso e di un mondo senza frontiere!
Collettivo Autorganizzato “R60”
Anticapitalismo e lotta di classe
Il Collettivo AutOrganizzato R60 nasce dal confronto e dal dibattito socio-politico nell’ambito di una analisi della società attuale argomentata su tematiche quali il dominio e lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, dell’uomo sui mezzi di produzione, dell’uomo sulle risorse culturali ed intellettuali e dell’uomo sulla natura o i beni ambientali.
L’analisi è incentrata su una accesa critica al corrente modello economico, produttivo e consumistico. Essa si sviluppa in una opposizione energica al sistema capitalista e si concretizza nell’individuazione di quegli elementi necessari per gettare le basi della costruzione di un tessuto sociale, politico, economico e produttivo alternativo.
La critica e l’opposizione mossa al capitalismo si realizzano nella consapevolezza che esso genera una separazione gerarchia classista all’interno della società laddove, ad una classe dominante composta dai poteri economico, finanziari e politici, che impone assolutisticamente il proprio governo a garanzia del profitto, è subordinata una classe di oppressi, sfruttati, cittadini e lavoratori ingabbiati nella schiavitù salariata e nel ciclo generazionale del “produci ,consuma, crepa”.
Fino a quando esisteranno strutture di potere, di dominio o di controllo politico, sociale, economico e finanziario che generano iniquità nella convivenza sociale tra gli individui e che alimentano il capitale tramite il profitto, ovvero lo sfruttamento dell’uno sull’altro, non vi potrà essere né pace, né giustizia e né uguaglianza fra gli esseri umani.
Le gerarchie classiste funzionali al capitale implicano necessariamente di riconoscere la persistenza di un conflitto di classe e l’esigenza di condurlo dal basso, quale sviluppo di un processo rivoluzionario, affinché possa essere indirizzato alla emancipazione di tutto l’insieme della classe subalterna, senza distinzioni di razza o scelta sessuale, per la costruzione di una coesistenza sociale e una democrazia diretta priva di poteri, di domini o di apparati di mediazione burocratici, libera dalle logiche del capitalismo ed eretta sulla socializzazione e la equipartizione dei mezzi e delle risorse sociali, economiche, produttive, educative e politiche.
In questo contesto si inserisce il principio di lotta di classe su cui fa leva la linea politica del Collettivo AutOrganizzato R60, inteso come la volontà comune di promuovere e sostenere ogni forma di attivismo, di decisionalità, di protesta e di lotta spontanea, autodeterminata, autogestita, autorganizzata e non delegata finalizzata all’unità di classe per contrastare i poteri funzionali al profitto e per la libertà degli oppressi e degli sfruttati.
Antifascismi
Il Collettivo AutoOrganizzato R60 si riconosce, nell’ambito di una dialettica anticapitalista ed in onore di coloro che hanno dato il proprio contributo nella lotta di Resistenza a Reggio Emilia e nel mondo, nelle tematiche sociali e politiche ispirate alle metodologie dell’antifascismo militante, necessario per combattere il “piano militare” del fascismo laddove esso si insinua anche con maschere democratiche, nonché dell’antifascismo preventivo, fatto di iniziative ed attività sociali e culturali che impediscano la nascita di simpatie nei confronti dei vecchi e nuovi fascisti. In tal senso l’antifascismo preventivo è un’opera di controinformazione e dossieraggio che contesti il discorso dominante, che, tramite la musica, i film ed il teatro, innalzi i livelli di coscienza, e che, anche attraverso la parodia e l’ironia, faccia apparire i fascisti per ciò che sono, ovvero difensori armati del sistema capitalista, burattini e servi di tutti gli apparati della classe padronale.
Ma oggi essere antifascisti significa apportare anche un netto contrasto alle derive nazionaliste, xenofobe, omofobe, sessiste e securitarie che accrescono soltanto l’odio, l’intolleranza e la discriminazione verso tutte le diversità. Significa contrastare in maniera netta ogni speculazione di tipo militare, attuata sottoforma di produzione militare e guerra preventiva o permanente, per accrescere le rendite del capitale.
La classe padronale ha bisogno di dotarsi di nuovi strumenti che meglio possano garantirgli la governabilità, il dominio e lo sfruttamento per il profitto e per questo ha la necessità di individuare capri espiatori su cui convogliare le cause della guerra, della repressione, dell’oppressione, della precarizzazione e dell’impoverimento di fasce sempre più ampie della popolazione di cui essa stessa ne è responsabile.
In risposta alle speculazioni patriottiche o nazionaliste e a tutte le aberrazioni populistiche autoritarie perseverate dai fascismi di tutti i millenni e dagli organismi di potere politico, economico e finanziario funzionali al profitto, il Collettivo AutOrganizzato R60, pur riconoscendo e rispettando le differenze esistenti fra le persone e i popoli, individua nell’interculturalismo e nell’internazionalismo gli strumenti necessari per condividere e arricchire le esperienze della lotta di classe, per moltiplicare le iniziative comuni, per individuare rivendicazioni convergenti su cui mobilitarsi, per estendere la solidarietà ed il mutuo appoggio e per creare un’unità di classe fra gli oppressi e gli sfruttati al di sopra delle frontiere.
Ecologismo anticapitalista
Le problematiche planetarie ambientaliste hanno tutte un denominatore comune: lo sfruttamento dell’uomo sulla natura e dell’uomo sulle risorse ambientali in nome del profitto e degli interessi della classe degli oppressori e sfruttatori. Pertanto anticapitalismo ed ecologismo sono due battaglie che vanno portate avanti insieme. Qualsiasi tentativo di contrasto all’attuale sistema produttivo, economico e finanziario che non tenga conto dell’importanza della crisi ambientale è destinata al fallimento e qualsiasi proposta ambientalista senza un orientamento anticapitalista, di rottura con il sistema del capitale, non toccherà che la superficie del problema e potrebbe, alla fine, rivelarsi uno strumento al servizio delle politiche del green marketing, fondate ad arte dalla classe degli sfruttatori per spostare l’attenzione su soluzioni e tecnologie del “neocapitalismo verde”.
La lotta ecologista deve rientrate in un contesto di lotta di classe dal basso, deve necessariamente appartenere alla classe degli oppressi e degli sfruttati e ne deve diventare un valore aggiunto nelle rivendicazioni socio politiche contro i poteri forti del sistema capitalista che fanno da garanti all’attuale modello di produzione, distribuzione e consumo.
Tuttavia le esigenze ecologiste non devono diventare un’occasione per alimentare gli interessi e i profitti degli sfruttatori “verdi” (e della burocrazia che li sostiene) che, con la scusa delle abitudini e delle tecnologie “verdi” che creano impiego e generano maggiore prosperità, vogliono trarre beneficio dalle crisi ambientali del pianeta incrementando, in ogni caso, lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Dunque, nell’assumere una coscienza ecologista a carattere anticapitalista, il Collettivo Auto Organizzato R60 supporta e promuove tutte le occasioni di lotta preposte a fare chiarezza sulle responsabilità del sistema capitalistico nel determinare le cause dei disastri ambientali, per elevare il contrasto sui temi del territorio-ambiente al pari dello scontro sugli interessi di classe e per diffondere le idee di emancipazione dal diktat produci, consuma, crepa.
Ecologismo significa non farsi accorpare dai modelli capitalisti del mercato né farsi amministrare da una politica marionetta o abbindolare dalle proposte di associazioni figlie del neocapitalismo verde.
Ecologismo significa emancipazione dell’uomo da qualsiasi forma di dominio culturale, sociale, economico, politico e morale contestualmente al respingimento di ogni discriminazione di carattere antropocentrico e ogni ideologia del dominio veicolata dalla società umana sugli animali e sulla natura e sulle risorse di questa.
Per affrontare le diverse forme di crisi ambientali, il Collettivo R60 sostiene e supporta l’autorganizzazione e l’autodeterminazione delle popolazioni dal basso affinché la conquista di spazi di libertà ambientali, sociali, produttivi, economici e culturali, anche in un’ottica ecologista, non può essere demandata ad apparati alienati né realizzata seguendo i labirinti della politica, ma soltanto costruendo un nuovo tessuto sociale libero dall’ottica mercantilistica e del profitto.
Il Collettivo R60
Il Collettivo AutOrganizzato “R60” di Reggio Emilia è un gruppo di operai, impiegati, lavoratori precari, studenti e disoccupati riuniti in una assemblea permanente per il coordinamento di idee e di attività che hanno come obiettivo principale l’individuazione, la costruzione ed il funzionamento di un libero spazio autorganizzato politico, sociale e culturale sul territorio reggiano.
Ciascuna delle individualità è attiva nel collettivo e conserva la propria provenienza e la propria opinione politica secondo il principio del rispetto delle libertà del singolo, ma ne è protagonista, in linea con il concetto di orizzontalità, attraverso la libera espressione di idee, proposte e attività sulla base della linea direttrice politica condivisa e approvata dall’assemblea del collettivo e che ne rappresentano i valori, le credenze e l’essenza.
L’idea di chiamarsi “R60” si ispira ad uno dei primi esperimenti di autogestione operaia di una fabbrica in Italia. Tra il 1950 ed il 1951 le OMI, Officine Meccaniche Reggiane, vennero occupate dai lavoratori in sciopero contro la produzione di tipo militare negli stabilimenti e contro il piano direzionale che prevedeva l’esubero ed il licenziamento di 2100 operai. Nel corso della occupazione gli operai svilupparono la propria capacità autogestionale progettando e realizzando il trattore R60 come mezzo di lavoro e di libertà e come esempio di risorsa autoprodotta per la collettività.
mail: r60@inventati.org